Paolo Croci
Gli Amici del Teatro - Settanta anni di tradizione a Mozzate
Facciamo la Giara...
Ormai il primo passo era fatto! Gli "Amici del Teatro", entusiasti del risultato così ottenuto e spronati a proseguire, decisero di proporre altri lavori. Come vedremo più avanti, la Compagnia collaborò anche per la realizzazione dello spettacolo di apertura del Palio dei Rioni Mozzatesi.
Fu proprio durante le prove generali per lo spettacolo Notturno suoni e luci, realizzato il 5 settembre 1981 per l'apertura di un'edizione del Palio, che venne a tutti il desiderio di proporre un nuovo spettacolo per il periodo natalizio. La discussione sorse naturalmente al termine delle prove. Ci si chiedeva che cosa il pubblico di Mozzate avrebbe desiderato dopo Il muro di vetro.
Talamone lasciò parlare tutti, poi, con assoluta tranquillità e sicurezza disse: «Facciamo "La Giara" di Pirandello». Immaginatevi lo stupore e la perplessità di tutti gli attori: «Forse è meglio andare a casa a dormire. Pirandello, che pazzia!». Tuttavia ciò che colpiva era la sicurezza con cui Talamone aveva proposto il testo. Bisognava conoscere il regista. Probabilmente lo spettacolo nella sua mente era già allestito e, grazie alla sua competenza ed esperienza, sapeva già con certezza in che modo farsi apprezzare dal pubblico. Non ci volle molto per convincere gli attori: confrontarsi con Pirandello stuzzicava un po' l'orgoglio di ciascuno.
Con entusiasmo si incominciò a lavorare per costruire le scene e per provare le parti. Nel frattempo il numero degli attori era meravigliosamente aumentato, così come quello dei collaboratori "esperti nella costruzione dei marchingegni". Tuttavia i problemi da affrontare furono molti. Il primo fu proprio la costruzione della giara stessa. Poiché era l'oggetto attorno al quale doveva girare tutta la vicenda, si desiderò costruirla con la maggior attenzione possibile. Scartata l'ipotesi di utilizzare una vera giara, si studiarono le più svariate modalità di costruzione. Essa avrebbe dovuto rispettare due esigenze fondamentali: essere facilmente agibile all'interno (uno dei protagonisti doveva rimanervi a lungo) e rompersi rapidamente, ma efficacemente durante lo spettacolo.
L'ingegno del signor Giuseppe Vittori concepì e realizzò una giara molto realistica. Prese una botte e la tagliò in due; la risagomò allungando la parte superiore, aggiunse delle rotelle per poterla facilmente spostare nel corso dello spettacolo e infine la ricoprì interamente di gesso. Ovviamente al suo interno fu poi collocato il più minuto degli attori, Giorgio Cerana, che tanto bene ricoprì i panni di attore comico. Risolto il primo problema se ne presentarono subito altri, seppur di minore entità: le scenografie. L'effervescente mente di Talamone aveva ritenuto che fosse giunta l'ora di utilizzare delle vere scene e non solo vecchi cartoni o stracci del tempo che fu. In questo modo affidò il compito di creare sul palco un vero cortile da fattoria nel quale ambientare la storia. Fu lo stesso signor Vittori a offrirsi spontaneamente per realizzare le scene. La cascina fu costruita con vere travi e vere tegole, c'era del fieno ben disposto e, nel centro della scena fu piantato addirittura un albero.
Ma non fu solo questa la grande novità introdotta in quello spettacolo: la vera chicca, che contribuì in maniera considerevole allo strepitoso successo fu l'inserimento di un balletto, con le coreografie di Luky Borgazzi e di un coro siciliano che apriva il sipario, cantando in diretta. La Giara andò in scena, in anteprima su invito, il 26 dicembre 1981. Fu un successo senza precedenti: il pubblicò applaudì ininterrottamente per dieci minuti, dopo che, già durante lo spettacolo, spesso risate e applausi avevano sottolineato la gioiosa partecipazione.
Il giorno dopo in Mozzate l'unico argomento di conversazione fu proprio La Giara! In quel pomeriggio ci fu la prima ufficiale. L'inizio dello spettacolo era previsto per le 16.00, ma già dalle 14.00 ci furono spettatori fuori dal teatro ad attendere, nonostante il freddo dell'inverno. E' proprio vero che pubblico e attori interagiscono coinvolgendosi l'un l'altro in un crescendo di emozioni. Vedendo così tanta gente e percependo l'entusiasmo che vibrava in sala durante lo spettacolo, la Compagnia si "esaltò" e diede il meglio di sé come mai era successo. Terminato lo spettacolo si decise di replicarlo per dare la possibilità a chi non era potuto entrare in sala di vederlo. Alla replica assistettero anche persone che avevano partecipato la settimana precedente; addirittura vi fu chi lo vide per ben tre volte. Lo stesso spettacolo fu ripetutamente replicato: dapprima a Mozzate nel Teatro dell'Oratorio (il 23 gennaio 1982) e per le scuole (il 27 febbraio dello stesso anno), poi si andò in tournée: Gerenzano, Tradate (al Cinema Manzoni il 9 gennaio 1983), Varese (organizzato per la raccolta di fondi a favore dell'Associazione per l'aiuto ai bambini diabetici), Locate Varesino (27 novembre 1982), Venegono Inferiore (10 marzo 1990). Per alcuni anni, accanto ad altri testi, La Giara fu il «cavallo di battaglia» della Compagnia.
E' bello ricordare qui alcuni aneddoti legati alle repliche dello spettacolo. A Gerenzano, per esempio, si trovò il Teatro stipato fin nei più riposti angoli: la platea, la galleria, non c'era neppure un posto in piedi. Ben cinquecento persone assistettero alla rappresentazione. Un trionfo tale che, chi lo ricorda rivive i brividi di emozione provati quella sera: non passavano dieci minuti senza essere interrotti da un applauso di consenso. Lo stesso avvenne a Venegono Inferiore durante la Rassegna del Teatro amatoriale. Era prevista la partecipazione a questa manifestazione fuori programma, ma il caso volle che una Compagnia svizzera all'ultimo momento declinò l'invito e la nostra allora fu inserita "in cartellone". Tuttavia l'organizzatore prima desiderò vedere alcuni nostri lavori in videocassetta perché non ci conosceva e soprattutto perché riteneva che Pirandello fosse un autore per compagnie professioniste e non dilettanti. Alla fine concesse la possibilità di realizzare lo spettacolo. Esso sarebbe andato in scena sabato 10 marzo 1990, ma già dal martedì precedente i biglietti erano introvabili. Luigi Farioli, propose allora all'organizzatore la replica per la domenica: ma la cosa fu impossibile per problemi tecnici. Quella sera la sala straripava di pubblico: la capienza del salone era di circa 290 posti, mentre gli spettatori paganti o invitati furono 340. Lo spettacolo iniziò con venti minuti di ritardo, perché da una parte si doveva permettere alla gente in sala di sistemarsi, ma dall'altra si doveva convincere chi non poteva entrare a tornare indietro.
Ma quale fu la causa di così tanto successo? Al di là degli scopi umanitari (le prime rappresentazioni furono per finanziare un difficile intervento chirurgico al cervello di un ragazzo), indubbiamente Talamone aveva colto nel segno: il testo era allegro e divertente, pieno di vita, di luce, di colore e sapore tipici della vita contadina in Sicilia; la realizzazione era spumeggiante e briosa, non dava segni di cedimenti; l'affiatamento tra gli attori era straordinario e, soprattutto loro stessi si divertivano ogni volta a recitare; le scene risultarono eccezionali proprio per il fatto di avere portato una reale cascina sul palco; spettacolare anche la novità assoluta delle coreografie e del coro durante lo spettacolo stesso e non come "rivista" al termine della rappresentazione.
Ma se da una parte il successo ottenuto con La Giara esaltava tutti, dall'altra si palesava la difficoltà a cui si andava incontro con un nuovo allestimento. Tutta la Compagnia era cosciente che ben difficilmente si sarebbe ripresentato un simile evento. Ci si affidò, dunque, all'esperienza del regista per la scelta dell'allestimento successivo, da realizzare nella primavera seguente. Fu deciso un testo altrettanto impegnativo per il nome dell'autore che lo creò: La zapatera di Federico Carcía Lorca. Il poeta spagnolo pensò questo lavoro sotto forma di farsa, ma il suo animo drammatico lasciò in sottofondo un vena di malinconia. Per la realizzazione di questo lavoro si rispettò l'idea dell'autore, creando così una farsa fortemente intrisa di folklore andaluso: le coreografie, curate da Augusta Volontè furono balli andalusi, così come richiamavano alla terra spagnola le scenografie, veri quadri realizzati dal pennello di Giuseppe Vittori. Per la prima volta la Compagnia poté permettersi il lusso di noleggiare i costumi teatrali.
Lo spettacolo andò in scena il venerdì 30 aprile 1982 e in replica i due giorni successivi" ma non ebbe lo stesso successo di quello precedente. Furono mosse critiche sia sul tipo di allestimento che sulla scelta interpretativa che era stata effettuata. Questo piccolo incidente di percorso non scoraggiò la Compagnia che, al contrario, trovò la forza per intraprendere nuove strade e nuove ricerche teatrali.
Per lo spettacolo invernale fu scelto di ripercorrere, innovando, la tradizione mozzatesi del teatro in dialetto: La Gibigianna di Carlo Bertolazzi sembrava adatta per questo scopo. Il copione a disposizione era in italiano, ma Talamone, con rara competenza, lo riprese trascrivendolo in dialetto e apportando alcune piccole modifiche, dovute a esigenze pratiche, soprattutto nel finale. La stanchezza di due intensi anni di lavoro cominciava a farsi sentire e lo spettacolo, andato in scena per la prima volta il 26 dicembre 1982, pur riscattando la tiepida accoglienza de La zapatera, non rinverdì i fasti della ormai leggendaria Giara. Tuttavia ebbe buon successo e fu replicato anche nei paesi vicini: a Gerenzano il 29 gennaio 1983, a Tradate il 13 febbraio, a Gorla Maggiore e a San Martino il 26 e il 27 febbraio dello stesso anno.
A questa stanchezza contribuì certamente anche il fatto che La Giara, come abbiamo visto sopra, continuava a essere riproposta.